Giuseppe Tornatore affronta in La corrispondenza il tema dell’amore e della morte, nell’epoca della comunicazione telematica, creando un dramma (romantico) che rovescia il senso comune novecentesco, sublimato in due versi da Guido Gozzano:
Reduce dall’Amore e dalla Morte
gli hanno mentito le due cose belle!
Per Tornatore non si sfugge né alla morte (il che è , come dire, naturale), né all’amore che dura ben oltre l’assenza della morte. Non ci sono reduci e l’amore può – grazie alla tecnologia- durare (sopravvivere più a lungo) anche dopo la morte di uno dei due amanti.
Amy Ryan (una puntuale Olga Kurylenko) è una studentessa fuori corso di astrofisica, che, per pagarsi la vita e gli studi, gira parti stunt in film, con altissimi rischi; Ed Phoerum (maschera tragica e dolorosa, superbamente interpretata da Jeremy Irons), maturo accademico, è stato suo professore e , ora, da qualche anno suo tenero e ricambiato amante.
Improvvisamente Ed scompare, nel senso che la sua assenza (vive in un altra città, dove ha un’altra vita con moglie e figli) diviene inaspettatamente più lunga e meno spiegabile di quelle cui Amy è abituata e che dà per scontate: per quell’amore tenero e completo è disposta a vivere ai margini di una vita completa. Ma le basta.
La scomparsa di Ed è solo fisica, però: sms , email, video, lettere, pacchi regalo consegnano a Amy, ogni giorno, la presenza e l’amore del suo amato. Fino a scoprire che Ed, malato da tempo, è morto. Ma sms , email, video, lettere ecc. continuano a giungerle, con tempismo e regolarità stupefacente (troppo, ai fini di una storia che da verosimile alla fine diventa favolistica).
E allora comincia il percorso di vita parallela e nuova per Amy: il confronto con la famiglia di Ed, il ripercorrere i modi e rivivere i luoghi del loro amore, il processo di affrancamento da una crisi personale (la tragica morte del padre) e il riavvicinamento con la madre, la laurea e la rinuncia a un lavoro (stuntwoman) rischioso quanto innecessario.
Tornatore crea una sequenza di quadri corposi, ricchi di riferimenti, sfumature, messaggi da vero maestro del cinema. Ma indugia troppo sulla storia, fino a renderla eccessivamente densa, a volte involuta, a volte ripetitiva. La sceneggiatura, in qualche modo, asfissia il film. Soprattutto nella seconda parte il film vive della maestria filmica, da una parte, e sulla bravura degli interpreti (con qualche personaggio secondario un po’ troppo di maniera).
Vero è che Tornatore ci ha abituato troppo bene in tante sue opere e le aspettative sono , inevitabilmente, al rialzo. Però le premesse sfumano inesorabilmente lungo lo svolgersi della storia. Peccato.
In ogni caso, da vedere.