L’approvazione della nuova legge elettorale sarà un passaggio dirimente di questa Legislatura, un banco di prova della politica e dei partiti per poter dimostrare agli italiani che sono ancora in grado di recepire le domande che vengono dal Paese, la resa dei conti finali all’interno del PD. Proprio quest’ultimo punto riveste importanza capitale, perché se non ci fossero i vari fronti aperti dalle frammentate opposizioni interne al partito del Presidente del Consiglio, il percorso dell’Italicum sarebbe veloce e il risultato scontato. Le opposizioni parlamentari, infatti, sono più o meno ininfluenti: la Lega e il M5S sono contro, a prescindere, e interessati unicamente alla politica dello sfascio, dell’aggressione verbale e del populismo più becero; Forza Italia e l’intero centrodestra sono impegnati in una furiosa resa dei conti interna, tanto che Berlusconi, per interessi di bottega,  ha disconosciuto le stesse riforme che aveva concordato nell’ambito del cosiddetto patto del Nazareno. Gli altri contano meno di zero.

A tenere banco, quindi, rimangono i deputati e i senatori del PD che, eletti prima della Segreteria di Matteo Renzi, in parte – minoritaria, ma tuttavia cospicua- sono contro l’attuale Segretario-Premier, su diverse questioni, tra cui la legge elettorale. L’Italia è dalla proclamazione della Repubblica che è in cerca della ‘giusta’ legge elettorale: quello che è chiaro a chiunque è che le varie leggi che si sono succedute non hanno mai – e questo mai va sottolineato più volte- garantito la governabilità e la durata delle legislature. Fosse solo questo il problema, l’approvazione dell’Italicum andrebbe fatta in cinque minuti, senza discusssioni.

Persone di apparente equilibrio politico, come Bersani, hanno agitato lo spettro di tendenze autoritarie, di violazione degli equilibri costituzionali, di futuri bui e perniciosi per la democrazia in Italia. Al di là degli scenari cupi (ho difficoltà a credere che le opposizioni interne al PD facciano un paragone tra l’Italicum e la  Legge Truffa, tra gli anni ’50 – quando l’Italia non era ancora stata ammessa all’ONU, avevamo le truppe alleate che occupavano parte del nostro territorio e gran parte della Germania; la Guerra di Corea era appena trascorsa; quando era in corso un violento  e sistematico attacco ai diritti fondamentali; non esisteva l’Unione Europea e nemmeno la CEE, se è per questo- e l’Italia del 2015: non sarebbe neanche schematismo storico, ma semplicemente ideologia vuota e di bassa lega) bisogna capire che cosa realmente l’Italicum porta con sé.

I punti cardine della nuova legge sono quattro:

1. per vincere le elezioni non servono più le coalizioni ( per capirci quelle accozzaglie fragili e a tempo determinato che hanno caratterizzato gli ultimi 25 anni della nostra storia: dall’Ulivo (nobile idea) all’Unione (pessima esperienza), per non parlare dei Progressisti ( a sinistra); da Forza Italia al Popolo delle Libertà, passando per le alleanze asimmetriche tra FI e AN al sud, e FI e Lega , al nord. Si vince come partiti o movimenti e non come cartelli elettorali: vi pare poco? Vi pare poco non dover più contare su Bertinotti, Ferrero e compagnia cantante; o capire se Mastella e Dini stanno nel centrodestra o nel centrosinistra? A me sembra molto.

2. Formazione delle liste: 100 capilista in 100 collegi. I capilista vengono scelti dai partiti. Con l’ultima legge tutti quelli che sono in parlamento sono stati scelti dai partiti, compresi gli ‘oppositori’ del PD. Personalmente – ma una volta , se non sbaglio, questa era anche l’idea della sinistra italiana- sono per i collegi uninominali, con o senza doppio turno. Così è in Francia, in Gran Bretagna, negli USA e in Giappone. Tutti, e questo tutti a sua volta va sottolineato più volte, i candidati di collegio, in questi Paesi e in questa forma di processo elettorale, vengono scelti dai partiti. In Gran Bretagna, negli USA, in Francia parliamo di derive autoritarie, di minaccia alla democrazia? Nessuno si azzarda, per non essere ricoperto di ridicolo. Mettere a capo collegio uomini scelti dal Partito (magari con le primarie) significa garantire la crescita di una classe politica di governanti del Partito: è questo contro la democrazia? O è un problema di posti? Non voglio pensarlo, ma l’insistenza fa nascere più di un sospetto. Oltre ai capilista, che l’elettore sceglie votando la scheda di quel partito, si possono esprimere solo e unicamente due preferenze, con alternanza di genere (un candidato e una candidata): se non si scelgono tutti e due, la preferenza non vale. Personalmente sono contro le preferenze, perché favoriscono il voto di scambio e i peggiori inquinamenti nei territori ove forte è la presenza delle varie mafie. Proprio per questo al referendum ho votato per l’abolizione delle preferenze, come credo tutti quelli che ora sbraitano nelle opposizioni del PD. Ma aver introdotto il limite (due) con l’obbligo della scelta di genere non solo è accettabile, ma un gigantesco passo avanti per garantire maggiore presenza femminile in Parlamento. A me sembra molto. A voi?

3. Doppio turno se nessun partito raggiunge il 40% dei voti validi. Chi vince , al primo o al secondo turno, guadagna il premio di maggioranza: finalmente abbiamo la certezza che dopo le elezioni ci sarà un governo che dura 5 anni. Se farà bene, lo rivoteremo; sennò, lo manderemo a casa. Vi pare poco? A me sembra moltissimo.

4.Per entrare in Parlamento, come partito, bisogna superare la soglia del 3%. Quindi, tutti o quasi, entrano in Parlamento. Personalmente ritengo che la soglia sia troppo bassa e troppo all’italiana: il 5% sarebbe stato di gran lunga meglio. Ma va bene così.

E’ la migliore legge elettorale che si può fare? Certamente no, perché tutto è perfettibile: ma attaccarsi a ogni virgola per non cambiare non solo è politicamente sbagliato, ma anche sospetto.

Le minoranze del PD, certificate in modo chiaro e lampante dalle primarie e dal Congresso, dopo aver tentato di logorare in tutti i modi il Governo presieduto dal loro Segretario per oltre un anno, ora si trovano all’ultima spiaggia: affossare la legge elettorale, far cadere il governo, riaprire i giochi. E tutto questo a un mese dalle elezioni regionali. Una (ir)responabilità senza limiti.

Sono ottimista e spero che persone attente e intelligenti  come Bersani, Cuperlo, Rosy Bindi e Fassina non commettano questo errore madornale: la pagherebbero cara, perché il loro popolo non capirebbe (a meno che non si voglia inseguire il 2% di Landini) e, soprattutto, non capirebbero gli italiani, tutti. Me compreso.