La parrocchia luterana cui viene inviato a riabilitarsi il neonazista Adam (Ulrich Thomsen), in un’isola solitaria e ventosa della Danimarca, è la rappresentazione di tutti i mali del mondo, incarnati dagli altri emarginati che la popolano: un tennista fallito, grasso, cleptomane e alcolista; un terrorista islamico violento e dedito alle rapine a mano armata; una donna ormai matura, casualmente incinta e con una storia di alcolismo alle spalle. A governare questo gregge perduto, cui si aggiunge Adam – supponente e violento-, è Ivan (Mads Mikkelsen) il pastore protestante titolare della parrocchia, che sembra vivere in mondo parallelo.
Orfano della madre, è stato abusato assieme alla sorella (morta poi per un incidente) dal padre; la moglie si è suicidata dopo il parto di un figlio paraplegico , che vive ora con gli ospiti della parrocchia; ha un tumore terminale al cervello. Ivan ignora tutto questo, nella convinzione fideistica che sia il diavolo a metterlo continuamente alla prova. Porge sempre l’altra guancia e cerca sempre il lato positivo di tutto, anche delle tragedie. E’ convinto che il suo gregge di derelitti sia sulla buona strada per uscire dal tunnel.
Ad Adam affida come obiettivo (futile e senza alcun riferimento alla realtà) di preparare una torta di mele, quando quelle dell’albero della parrocchia saranno mature. Ma tutto rema contro: la cucina si rompe e l’albero è attaccato da una miriade di corvi; poi le mele si riempiono di vermi; poi viene incenerito da un fulmine. Si salvano poche mele, che Adam mette da parte.
Tutto questo è intervallato da due motivi ricorrenti: la caduta del ritratto di Hitler (che Adam ha appeso nella sua stanza) ad ogni suono delle campane delle chiesa; la caduta, apparentemente ogni volta casuale, della Bibbia in dotazione alla stanza di Adam: cadendo, verifica lo stesso neonazista con una serie di prove, si apre sempre alla stessa pagina, l’inizio del Libro di Giobbe (Vecchio Testamento). Alla fine Adam lo legge e affronta Ivan: non è il diavolo che ci mette alla prova, ma Dio stesso. Ivan ha un’emorragia, e al ritorno dall’ospedale, ormai con pochi giorni da vivere, ha perso fede e voglia di vivere. Lo scontro tra i due è anche fisico e doloroso, come lo sarà lo scontro con i naziskin che vengono a trovare Adam, da cui Ivan ne esce con una pallottola che gli attraversa il cervello.
Lentamente Adam comincia prendersi cura dei suoi compagni di sventura, perché Ivan non è più in grado. Riuscira anche a fare una piccola torta con l’unica mela che avanza. Alla fine…be’ alla fine vedrete.
Mi ha ricordato per ambientazioni , tematiche bibliche e paesaggi il Dies Irae di Dreyer. Ma qui la cupezza del peccato non c’è e il dramma si svolge in commedia noir che il regista (A.T. Jensen, premio Oscar per il corto nel 1999) gestisce con un giusto mix di tempi lenti, drammi umani cupissimi, dilettevoli passaggi quasi umoristici.
Un discorso sulla fede, ma anche sulla solidarietà umana, sullo stare insieme, sull’amicizia. In un contesto dove i percorsi di ognuno valgono per tutti. Per riflettere, sia se si è credenti o anche atei.
Da vedere, se possibile.