Tsipras ha predisposto in quattro e quattr’otto il suo governo che tratterà con l’Unione Europea, rinegozierà il debito con la Banca Mondiale, smantellerà l’austerità in Grecia. O, almeno, tenterà di farlo, per dare una risposta a chi l’ha votato per questo. Bisogna ricordare che Tsipras ha preso poco più di un terzo dei consensi degli elettori greci, che quindi, per i due terzi, non lo vogliono: bisognerà che se lo ricordi anche Tsipras.

Il governo di cui sarà a capo è un governo di sinistra-destra, nel senso che , seppure in condizioni estremamente minoritarie (un solo ministro), al governo con i comunisti di Syriza c’è un fascistoide antisemita e nemmeno ai Rapporti con il Parlamento, ma alla Difesa: forse una scelta di Tsipras  per coprirsi con i colonnelli, che, credo, non siano proprio tranquilli. Vedremo le sorprese dei prossimi mesi, sperando che non ce ne siano.

In Italia, a sinistra, c’è stato un certo plauso alla vittoria di Tsipras. Non solo hanno gioito i sui supporter storici ( i vari Nichi Vendola e compagni alla Barbara Spinelli), ma anche la cosiddetta sinistra del PD (per capirci, Civati e company). A questi distratti signori della politica italiana vanno ricordate alcune cose e la necessità, per il bene di tutti, di essere un pochettino coerenti, se non nei comportamenti ( se lo fossero sarebbero tutti fuori dal PD, ma lì continuano a stare, pur sputando nel piatto) perché è difficile, almeno nelle parole.

Allora, Tsipras è un uomo di sinistra anche se fa un governo (politico e non tecnico, sia ben chiaro) con una formazione fascistoide e antisemita; il presidente del Consiglio italiano e segretario del PD, invece, non può fare un accordo informale col capo del secondo partito italiano, non per governare, ma per approvare una legge elettorale assolutamente inevitabile. E’ un inciucio.

Bisogna ricordare alla cosiddetta sinistra del PD che Tsipras ha vinto sulle ceneri di un partito, il PASOK, che è un partito fratello del PD, nella famiglia dei Socialisti e Democratici europei.

Gioiamo delle nostre sconfitte: la vocazione minoritaria e perdente della sinistra italiana non muore mai.