La barbarie non ha limiti, questo è ovvio, né purtroppo ci dobbiamo meravigliare più di tanto: nel mondo ogni minuto accade qualcosa di moralmente ripugnante, di politicamente indecente, di umanamente inaccettabile. Meravigliati no, indignati sì. Ma, come in tutti casi in cui la faccia dell’assassino rimane coperta, credo che sia utile e necessario  farsi qualche domanda. La prima e la più banale che mi viene alla mente, in questo e in casi simili, è: cui prodest? A chi serve?

Tutti o quasi sembrano concordi ( ministri degli interni , presidenti e primi ministri di vari Paesi, la gran parte dei commentatori televisivi, i cronisti da marciapiede): all’islamismo estremista, che è riuscito a portare con violenza e virulenza lo scontro nel cuore dell’Europa. Prima Parigi, poi Roma. E infatti la quasi totalità dei siti jihadisti gioiscono in Rete. E chi ha fatto la strage ha tenuto bene a specificare, ripetendolo più volte ad alta voce e in ottimo francese, che tutto si faceva in nome di Allah. Tanto perché fosse a tutti chiara la matrice.

Però, in quale contesto accade l’orribile strage di Parigi? Le coincidenze e le congiunture suonano a grandi linee così: oggi esce il romanzo Submission di Houellebecq, che certifica la caduta inevitabile dell’occidente di fronte all’avanzata dell’Islam. A leccarsi i baffi, mentre commentava la strage, la Signora Le Pen, che ringrazia di cuore i cosiddetti fondamentalisti, per averle ulteriormente spianato la strada alla prossima vittoria elettorale (il resto lo ha fatto Hollande). In sintonia con lei  le varie destre di casa nostra ed è logico e scontato: anche loro ci guadagneranno qualcosa, fosse pure una semplice frazione di punto percentuale.

Ma c’è di più e di più grande. Si sta combattendo da qualche mese una terribile battaglia sul petrolio e sul gas, che al petrolio è legato in modo quasi automatico. E’ cominciata con l’Ucraina: tra invettive, manifestazioni di piazza, colpi di stato mascherati, fughe di personaggi imbelli, morti reali e annessioni qualche settimana fa è successa una cosa molto importante: la crisi tra UE e Russia con le sanzioni e le controsanzioni ha portato alla sospensione del progetto South Stream, un gasdotto che dalla Russia doveva portare il gas russo in Europa, a nord tramite la Bulgaria e l’Ungheria, a sud tramite la Grecia e l’Italia. I soci erano ENI e Gazprom. Erano: perché dal 29 dicembre scorso ENI non c’è più. E non c’è più nemmeno South Stream, ufficialmente congelato, di fatto abbandonato. A costruire il gasdotto, peraltro, era una società italiana.

Nel frattempo il prezzo del petrolio è crollato (indipendentemente da South Stream, come ovvio) e si è aperto un confronto duro tra USA e OPEC: se il prezzo si mantiene sotto i 50 dollari il barile le grandi estrazioni con il metodo fracking (fratturazione idraulica), avviate in modo massiccio negli USA a partire dal 2011, diventano economicamente non più convenienti,  soprattutto a fronte dei grandi investimenti iniziali e dei costi per superare le infinite resistenze delle comunità locali, preoccupate per tenuta ambientale e terremoti.

Per far tornare a crescere il prezzo del petrolio è necessario abbassare le quantità prodotte dai Paesi del cartello OPEC. Ma l’Arabia Saudita si è opposta, proprio per portare un colpo definitivo al petrolio fracking.

Per quello che è successo a Parigi oggi, certamente, ci rimette l’Arabia Saudita – che ha subito condannato, senza nemmeno sapere chi realmente siano i criminali dell’attentato. Chi ci guadagna (un Europa ancora più confusa e ferita, in collisione con la Russia, in ostilità con il mondo islamico, in piena crisi economica) sono gli USA.

Certo è un caso, ma da tenere sotto osservazione nelle prossime settimane.