Credevo che i piccolo borghesi inetti, senza orizzonti e meschinelli fossero qualcosa dell’800: che so, il Monsu Travet di Bersezio o il Demetrio Pianelli di De Marchi. Già nel XX secolo trovare questi candidi borghesucci che sono tutto casa e lavoro, bella moglie e piccoli comodi agi, figli perfetti e vita del Mulino Bianco è un lavoro improbo, se non senza speranza: per quel che ne so e che mi viene in mente ricordo il piccolo borghese della Cimice di Mayakovskiy ( e siamo agli anni ’20) o quello piccolo piccolo di Cerami, che nel ’76 cambiava non solo fisionomia ma subiva una completa mutazione genetica.

David Foenkinos , autore francese che sforna un romanzo all’anno da una dozzina di anni, quarantenne affermato, acclamato, pluripremiato e pluritradotto dipinge un piccolo borghese di circa quarant’anni che sembra preso da un Carosello degli anni ’50 per costruire un romanzo dove ogni frase è scontata e dove l’assassino ha già un nome dalla seconda pagina, tanto è evidente lo sviluppo della trama (?).

Allora, come ve lo immaginate voi un quarantenne che ha un buon lavoro, una bella moglie e nessun problema esistenziale ( e pratico), oggi? Sicuramente ha qualche tatuaggio, forse porta un orecchino, è su FaceBook, twitta in continuazione, va in palestra e se è politicamente corretto va a fare birdwatching.

L’eroe quotidiano di Foenkinos non è niente di tutto questo: è un alieno preso dalle riviste patinate della provincia americana degli anni ’50 e vive in un mondo dorato, una favola di Walt Disney: va avanti nella vita, rispondendo, quando non capisce, «…» oppure «Ah», in modo continuo, senza vergogna. È talmente una favola che il lieto fine viene rimandato solo per riempire pagine di slogan pubblicitari, che sono la sintesi dei pensieri del nostro Eroe e la sua forma di comunicazione verbale con gli altri alieni, standard e senza fronzoli, che popolano il romanzo (?).

Beccatevi questa: Il tempo è passato un po’ più lentamente che nelle grandi città.

Che ne dite? fantastico!

Oppure: Quel giovane aveva un faccia davvero rassicurante. Mi ci appigliavo come ci si appiglia ai sorrisi delle hostess quando l’aereo attraversa una zona di turbolenze.

Spettacolare! Il 50% del libro sono frasi fatte, quelle che si trovano nelle carte veline di certi cioccolatini.

Il mal di schiena non è altro che l’epifenomeno del fatto che l’Eroe si è rotto le palle della moglie perfetta, dei figli perfetti, del Mulino Bianco e via cantando.

Gli passa quando si mette con un altra donna, lascia il lavoro, si mette in proprio e diventa un piccolo borghese imprenditore.

Diecimila volte meglio la Piccozza di Giovanni Pascoli.

Da evitare, con cura.