Forse il succo di Smith & Wesson,  dramma in due atti  di Alessandro Baricco (Feltrinelli) sta tutto in una battuta della protagonista , Rachel, riportata anche nella quarta di copertina : ‘Son qui perché se mi arrendo questa volta mi arrenderò tutta la vita’.

Baricco elabora una partitura musicale , dai ritmi varianti in una infinità di movimenti, da Allegro a molto  Allegro passando per Largo o Andante solenne. Ma dietro o sotto tutto questo c’è sempre il rombo delle cascate e il gorgoglio del fiume (si sentano o siano semplicemente immaginati, perché la storia si svolge non lontano dalle cascate del Niagara, nel 1902).

Due nullafacenti che tirano a campare, Tom Smith e Jerry Wesson. I cognomi, assieme,  fanno il marchio di una fabbrica d’armi; i nomi sono gli stessi del gatto e del topo dell’omonima serie di cartoni animati. Smith è un piccolo truffatore che suppone di aver sviluppato un metodo di previsioni meteorologiche; Wesson sostiene di conoscere il fiume a menadito, avendo una mappa dei fondali elaborata dal padre. Normalmente raccoglie i corpi senza vita dei suicidi che si gettano dalle Cascate. Ad arricchire la loro vita di mezze cartucce arriva Rachel, ventitreenne volitiva e tenace , che vuole sfatare il triste destino delle donne che vogliono fare le giornaliste in America nel 1902 (portare il caffè ai colleghi o fare pompini la sera tardi al capo). Scriverà un articolo storico su un’impresa epica: gettarsi dalle cascate, magari chiusa in una botte di birra e uscirne viva nel fiume. Lei sarà protagonista e cronista, Wesson il salvatore (cioè finalmente raccoglierà un corpo vivo nelle acque del fiume), Smith userà la sua genialità per inventare gli strumenti tecnici dell’impresa. Fissata per il 21 settembre del 1902.

Quel salto rappresenta per ciascuno dei tre qualcosa di importante, di essenziale nella propria vita: per Rachel è dimostrare al padre quanto giusta fosse stata la sua scelta di intraprendere la carriera giornalistica; per Wesson per dimostrare a tutti di non essere solo un pescatore di morti e, soprattutto, di saper dominare il fiume e le cascate come sapeva fare suo padre; per Smith, che i suoi sogni erano qualcosa di più concreto che un mezzuccio per sbarcare il lunario.

Nel settimo movimento del secondo atto (Improvviso, poi andante solenne), la Signora Higgins (proprietaria di un albergo e come, lei stessa si definisce, regina delle cascate, spesso nominata, ma mai apparsa in scena) , ci racconta come sia andato a finire l’esperimento. E il fatto che a raccontarlo sia lei, ci dice quale sia stato l’epilogo.

Dietro un andamento lieve, con dialoghi serrati e spesso comici (nel senso buono del termine), ricchi di battute si va a mano a mano tessendo la tela del dramma: la vita è più dura di quello che pensiamo e segnata dal destino. La fine è data: ma guai ad arrenderci, dobbiamo provare, costi quel che costi, sperando che ci sia qualcuno che poi la nostra storia la racconti, vera o inventata che sia.

Agile, veloce, godibile. Da leggere, con la raccomandazione di entrare nei suggerimenti musicali che Baricco ci dà e leggere al ritmo dei vari Movimenti.