Zatoichi (letteralmente Ichi il massaggiatore cieco) è un film del 2003 di Takeshi Kitano, che oltre alla regia ha curato la sceneggiatura, il montaggio e  interpretato il ruolo del personaggio principale. Dalla critica italiana e internazionale è stato letto ed etichettato come uno jidaigeki, cioè un film storico in costume tipico della filmografia giapponese. Forse, non conoscendo il Giappone e la realtà giapponese, i critici si sono limitati alla testualità filmica e il risultato non poteva essere che questo, salvo – nelle critiche più avvedute- qualche richiamo alla malvagità umana o alla complessità dei nostri tempi. Kitano gira su Ichi il 27mo film: prima della sua opera in Giappone erano usciti già altri 26 lungometraggi con lo stesso protagonista e oltre cento puntate di ben quattro differenti serie televisive. Ichi nasce dalla penna di Kan Shimozawa ed è un cult in Giappone.

Ma Kitano fa molto di più, tanto da meritarsi un Leone a Venezia.

Il cieco massaggiatore è un amante del gioco d’azzardo e abilissimo con la katana, ma la sua specialissima spada è chiusa in un involucro da bastone da passeggio. Viandante peregrino, capita in un paese di campagna, ai primi del XIX secolo, angariato dalle bande criminali, che controllano tutto: gioco d’azzardo, prostituzione, ‘pizzo’ e usura. Riuscirà a sconfiggere tutti, in massacro continuo e pulp, con l’aiuto di un gruppo di  brave persone: una vecchia contadina, suo nipote debosciato ma buono, due fratelli (una ragazza e un ragazzo) che vanno in giro vestiti da geisha e che covano una vendetta tragica. Fin qui niente di nuovo o diverso rispetto allo Zatoichi di Kazuo Mori, Kimiyoshi Yasuda e Shintaro Katsu (tanto per citarne alcuni di quelli che si sono cimentati con questo personaggio). Con tutti i debiti e tutte le citazioni, anche sostanziali (il film ricorda senza mezzi termini I sette samurai di Kurusawa).

Ma Ichi di Kitano è biondo ossigenato (fenomeno di massa delle nuove generazioni giapponesi), si finge cieco per tutta la storia (sta sempre a occhi chiusi per sentire meglio, come lui stesso confessa nella scena che mette fine alla banda mafiosa), ma ci vede benissimo. E nella scena finale, lui  che ha girato il Giappone a piedi senza inciampare mai e sbudellato decine di criminali, va a sbattere in un sasso, tanto da esclamare:’Anche ad occhi aperti non vedo niente’.

Ichi è il Giappone post bomba atomica (e , guarda caso, è stato girato nelle campagne di Hiroshima) che vive senza vedere: contadini che lavorano monotonamente la terra come bestie; la pedofilia dilagante e la violenza impunita sulla donne; gli uomini super tatuati della Yakuza, la violentissima e spietata mafia giapponese che controlla prostituzione, droga, ‘pizzo’, usura e gioco d’azzardo, dedita all’assassinio su scala industriale ; il popolo che balla e ride, in un un finale hollywoodiano (ricordiamolo: il modello dominante in Giappone è quello americano) in cui, al ritmo degli Stomp, ballano tutti: vittime e carnefici, salvatori e perduti, padroni e proletari.

Un grande film, da vedere. Avendo l’accortezza di leggere, prima, un po’ di storia e di società giapponesi.